il sogno

Metaforicamente parlando, il contachilometri sta per tornare indietro. Le grandi scorte che hai accumulato stanno per esaurirsi. Le lezioni che hai cominciato un anno fa sono finite, almeno per il momento, e non sei ancora pronto per le prossime. Questi segnali mi fanno pensare che dovresti prenderti un po’ di tempo per riflettere e valutare la situazione. Anche se il mondo venisse a bussare alla tua porta e ti chiedesse una dichiarazione categorica o un’azione decisa, secondo me dovresti rimandare. Hai bisogno di una pausa significativa.

Hai proprio ragione, Rob 🙂

Questa mattina ho fatto un sogno, brevissimo.
Brevissimo ma molto preciso.
Preciso e sonoro.

Una voce mi diceva una cosa all'orecchio, una semplice frase.
Ma non bisbigliava, me l'ha detta così forte che mi sono svegliata.

Era una cosa bellissima, molto concreta.
Non era amore, era vita vera.

E adesso lo so: tra poco me ne vado di qui.
So anche dove.
So anche quando: sarà di primavera.

È solo una questione di tempo 🙂

soundtrack:

il vento fa il suo giro

C'è un gran vento, fuori.
È così forte che fischia nella tromba delle scale.

Da piccola avevo paura del vento, ma una paura boia.
Così paura che lo sentivo tre giorni prima e davo di matto.
Nel senso che volevo assolutamente non dormire da sola, pretesa a quei tempi considerata assolutamente delirante.

Con gli anni la paura del vento un po' mi è passata, sostituita da altre più banalmente reali.
Però l'ululato, ecco, quello ancora mi annoda la pancia.

E per sciogliere il nodo (ché devo fare tutto da sola, uffa), ci va un delizioso piatto dell'infanzia che si fa solo se in frigo c'è lo stracchino.
Che, per fortuna, (mica siamo a Milano per niente ;-D) c'è 🙂

Quindi, sparando lo stereo a palla (così copre l'urlo del vento-orco), si prendono sei fette di pancarrè.
Si taglia via la crosta e si spalmano di burro.
Si mettono in una terrina e si aggiungono due tuorli (tenendo gli albumi da parte), un pizzicone di sale, una grattata di noce moscata, lo stracchino, mezzo bicchiere di latte, un pugno di parmigiano grattugiato e una macinata di pepe nero.
Poi si frulla il tutto col magico minipimer.
Si montano le chiare a neve e si uniscono delicatamente all'impasto cremoso.
Si versa il suddetto in una pirofilina imburrata e in alternativa si schiaffa:

a) nel microonde opzione 650 W + grill per 16 minuti (o fino a quando è gonfio e dorato, verificare la cottura col solito stecchino)
b) nel forno a 180° per 30 minuti e poi si dà un colpetto di grill (idem come sopra)

Questo sformato si mangia tiepido, con una semplice insalatina d'accompagnamento.

Come ho detto, fa bene alla pancia, è squisito e protegge chi, nonostante tutto, è rimasto un po' bambino.
Con le sue paure, ma anche con la voglia (e la capacità, mica basta solo la voglia) di stupirsi.
Per tutto, anche per il vento che, si sa, fa il suo giro 😉

Sempre.

soundtrack:

respiro

E finalmente Pietro è partito per Londra, tra gli sbuffi del trattamento antizanzare che ci ammorbavano il naso e ci facevano bruciare gli occhi e i polmoni.

Ora devo cercare di dormire. Ma mica poi per tanto.
Tra tre ore sono di nuovo in ballo, a cercare di farmi rimborsare i biglietti per un treno che non prenderò mai.

La mia buffa pretesa di un numero decente di ore di sonno diventa ogni giorno più insensata.
Certe volte, anche quella di respirare.

soundtrack:

non è un paese per vecchi

lago

Sì, d'accordo, vivo in un bel posto, non mi posso lamentare.
Quello lì è il laghetto, la luna si specchia nell'acqua, si sentono i grilli e le rane, le lucine a sinistra in fondo sono quelle del quartiere dei separati. Hanno i figli qui, e non vogliono andare ad abitare troppo lontano.
Questo posto sembra fatto apposta per essere felici, eppure ci sono un sacco di persone che vagano per il parco con la faccia scura.

Quelli che sembrano di buon umore hanno figli piccoli, sono giovani, oppure sono in coppia.
Nel parco ci sono le torri, che sono come mini grattacieli.
Ogni tanto qualcuno sale fino alla terrazzona dell'ultimo piano e si butta di sotto.
In un posto così bello, così verde e così chic, non lo diresti mai.
Eppure.

I kids sono partiti e invece di cenare sono andata a fare una passeggiata.
Fuori è meglio che dentro.
Fuori c'è la brezza e l'odore buono dei prati appena tosati.
Dentro, nel biloc, c'è sempre uncaldodellamadonna.

Camminavo e dalle finestre aperte vedevo le luci e sentivo i rumori delle famiglie a tavola.
E mi è venuto in mente quando andavo a comprare i libri di scuola in via Lagrange, era fine settembre e alle sette di sera ormai era quasi buio.
Io guardavo le persone che camminavano tenendosi per mano e pensavo che sarebbero tornati a casa insieme e che non gli importava, se faceva buio presto e l'estate era finita.

Avevo solo quindici anni, ma mi si stringeva il cuore.
Chissà perché.

soundtrack:

questione di cuore

Di lui so che è sano e non collude, è trasparente, e questo a volte spegne i miei ardori: i tipi che ti scatenano gli ormoni sono specchi, ti guardi e ti ritrovi.
Se vieni da una famiglia disfunzionale, quelli che ti fanno battere il cuore sono casi clinici, elementare.
Una delle più grandi sciagure umane è che ereditiamo da piccoli la definizione dell'amore, ciò che ti hanno dato tua madre e tuo padre, il modo in cui loro si sono amati, quella chimica che hai respirato.

[…]

Essendo sano, non mi stupisce con effetti speciali.
Mia sorella dice che le donne guarite devono creare nuove mappe emotive, e io mi chiedo: e che vuol dire?
Vuol dire che va bene se il cuore non frulla.

Imma Vitelli

soundtrack:

marrakech express

Tutti dovrebbero avere in casa una tajine.

Prima di tutto perché è un bell'oggetto, poi perché, lì dentro, con pochi ingredienti si possono fare cose meravigliose 🙂

La mia l'avevo persa nei meandri degli scatoloni, durante il penultimo trasloco, ma poi per fortuna l'ho ritrovata lo scorso weekend.
Era a casa di mia madre, in un cartone semifracico, coperta di polvere. Sarà stata lì da sei anni almeno.

È bello, quando si ritrova qualcosa che si credeva perduto. Proprio come l'amico che me l'aveva regalata: l'ho chiamato, tre giorni fa, erano due anni che non ci sentivamo ed era ancora lì, ancora pronto a parlare con me.

Anche la mia tajine dimenticata era ancora pronta a fare il suo dovere.
È bastato pulirla, metterla sul fuoco e riempirla di pollo marinato per una notte con aglio, cipolla, zenzero fresco, succo di limone, sale, pepe, cannella, curcuma, cardamomo, paprika dolce, peperoncino e olio extra vergine.
Aggiungere a metà cottura quattro pomodori maturi e restare lì a guardare la sottile scia di vapore profumato che usciva dal foro sotto l'impugnatura del coperchio.

Una roba bella da vedere e da annusare, intanto che i pensieri se ne andavano per i cavoli loro, a cavallo del filo di fumo aromatico e in quaranta minuti, senza scoperchiare, senza rimestare, il miracolo era compiuto.

Un piatto delicato e tenero (come il mio affetto per chi l'ho preparato) da servire con un coucous con l'uvetta, una puré di melanzane con menta, pomodorini e olive e un hommus vaporoso e piccantino.

Dimenticavo. Alla fine ho aggiunto al pollo qualche fetta di limone confit.

Eh, i limoni confit…
Ma questa è un'altra storia.

soundtrack:

pranzo di ferragosto

Sì, va bene, pioveva chediolamandava.

Sì, occhei, ho cucinato furiosamente: insalata russa, fiori di zucca fritti (soavi), zucchini in carpione, peperoni arrostiti, pasta e fagioli (li ho trovati freschissimi, che potevo fare?), parmigiana di melanzane, pesche ripiene (quando entri in un negozio di frutta e verdura in collina vicino a Torino, e perdipiù in piena estate, come fai a resistere?) 🙂

Ma il massimo della perfezione, del godimento, della libbbbidddine l'ho raggiunto con un cuore di bue (non di frigo, temperatura ambiente) affettato, una bella presa di sale, uno schizzetto d'aceto, due foglioline di basilico e un giro d'olio d'oliva extravergine. E una mezza biova, di quelle vere.

Nirvana.

Chi non sa cosa sono i cuori di bue piemontesi, chi non ha mai fatto quest'esperienza gustativo/olfattiva misticotrascendentale e indescrivibile, è pregato vivamente di provare, al più presto :-)))

soundtrack:

qualcosa è cambiato

Pling!

Eh beh, è successo qualcosa 🙂

E ho scoperto che è vero, sono stata tanto fortunata.
In tutto.
Fin'ora ho avuto tutto il meglio che si possa desiderare: una vita forte e selvaggia, piena di emozioni e di affetto, e di botte di culo.
Una vita che non avrei scambiato per nulla al mondo con quella di chiunque altro.

Ma ora la posta raddoppia.

Aiuto, che faccio? ;-)))))))))))))))

p.s.
tantopiù che oggi ho adocchiato le zucche al supermarket.
sono tornate: via libera alla crema speziata! 🙂

soundtrack:

scusate il ritardo

Volevo scriverlo in tempo e invece lo scrivo in ritardo. In questo periodo va così.

Stasera ho fatto tardi in redazione, mi perdonerai? 😉

Beh, alla fine, tra te e me, siamo due bei ritardatari e poi sei nato di domenica alle nove e mezzo del mattino, con un cesareo: non hai fatto nemmeno lo sforzo di uscire e ancora oggi te la prendi comoda.

Hai compiuto quattordici anni. Sei cresciuto tanto, sei alto come me ma molto più grosso: le due sacrosante sberle annuali che ti darei tanto volentieri hai già imparato a schivarle da mo', e da un po' di tempo a questa parte non ci provo nemmeno, se non col pensiero.

Stai cambiando la voce, ti son venuti i peloni sulle gambe e devo confessare che la prima volta che ho realizzato, immediatamente mi son detta qui ci vuole una bella ceretta. E contemporaneamente ho pensato ooops, guarda che è un maschio, e mi son data della cogliona da sola.

Parli il minimo indispensabile, sprofondato nei tuoi pensieri, nella TV, nella PSP, nell'IPod, nel Mac (a proposito, non ti ho nemmeno postato gli auguri sul wall di Fb per non farti fare la figura del mammone, sei contento?): le uniche vere comunicazioni tra noi riguardano il tipo e la quantità di cibo da ingurgitare, due volte al giorno.

C'hai la nientite, come tutti quelli della tua età. Stai lì per ore incantato (ma dove sei?), poi improvvisamente te ne esci con un fumetto complicatissimo e meraviglioso, o con un racconto semisgrammaticato ma con lo stile e il ritmo di Palahniuk, o mi sciorini tutta la seconda guerra mondiale a memoria, o ti metti a ballare così bene che rimango a bocca aperta (ma dove sei stato?).

Io ti guardo facendo finta di niente, cercando di non farti capire troppo che sono curiosa di te.
Ma mi metti anche in soggezione, sei praticamente un uomo e io, agli uomini in giro per casa, non ci sono più abituata.
Sono pure imbarazzata, abbiamo un bagno solo e tu ci passi le ore 😀
Non mi posso più mettere le camicie da notte semitrasparenti perché se ci incrociamo tu scappi inorridito.
E in un bilocale non è facile, eh…

Altro da me lo sei stato sempre, anche quando eri appena nato, ma per certe cose ultimamente sei diventato un po' estraneo. Più che estraneo, straniero.
Io lo so chi ti piace, ma tu neghi. E non insisto.
Quando ti dico di no ti incazzi. E quando ti incazzi mi fai paura, non ti riconosco più.

Però sei bello, con tutti quei capelli e gli occhi azzurri di tua nonna materna e la pelle chiara come la mia.
Bello e fragile e misterioso, con un dolore un po' simile al mio, del quale non si può parlare altrimenti si sta troppo male.
Bello e arrabbiatissimo.

E mi dispiace, potessi cancellartela, la rabbia, sapessi cosa non farei.
Invece non posso fare niente. Solo esserci e aspettare che ti passi.

soundtrack [in tuo onore: quella che mi fai sempre ascoltare quando siamo in macchina ;-)))]:
 

perdona e dimentica

Ci sono ma non ci sono.
Mi muovo lentamente.
Non faccio quasi nulla.

Ogni tanto mi guardo allo specchio, ma sono da tutt'altra parte.
Cerco di evitare qualsiasi pensiero mi possa ferire e così finisce che non penso quasi a niente.

Non stiro.
Non cucino.
Non vado al cinema.
Non guardo la TV (e quando mai l'ho fatto?)
Non ascolto musica.
Non sposto nemmeno un oggetto.

Dò da mangiare al gatto e da bere alle piante.
Lavoro, leggo (poco), dormo (più del solito).

Potrei andare avanti così all'infinito.

Invece, purtroppo, no.

soundtrack: