idiots 4

Risveglia i tuoi sensi, ogni volta che lavi i piatti.

Lasciati energizzare dall’effervescente vitalità della formula arricchita con Sali Minerali [proprio così, maiuscolo (ndr)].

Inebriati con il colori e i profumi degli estratti naturali di Lime e Orange.

Rinnova, assieme al tuo umore [O_o], l’aspetto dei tuoi piatti, più sgrassati e brillanti.

XXY rigenera la tua voglia [LOL, e chi ne ha mai avuta…] di lavare i piatti, regalandoti ogni giorno più freschezza ed energia.

Non ci crederete mai, ma queste cose sono scritte sull’etichetta di un detersivo per piatti.
Davvero.

soundtrack: Chi non lavora non fa l’amore, Adriano Celentano

sorrisi di una notte d'estate

La lavastoviglie ronza.
Le surfinie sono state bagnate a dovere.
È tutto così apparentemente normale.

Eppure, quello spirto guerrier ch’entro mi rugge, se lo ascoltassi.
Se lo ascoltassi, e se cedessi alle lusinghe dell’aria tiepida di quest’estate che sta finendo e non vuole finire, del suono dei grilli, del chiarore di luna piena sui campi di granturco e degli odori della campagna.

Salirei in macchina.
E sarei di nuovo via.

soundtrack:

L’audio e’ stato cancellato dallo spazio su Splinder

train de vie

trenoCompri il biglietto al distributore automatico, cerchi di fare in fretta perché sei in ritardo, e ti sta montando la classica angoscia di chi sta per perdere il treno.
Ché di treni ne hai già persi un sacco, uno di più in fondo non farebbe quella gran differenza.
Però sei senza fiato lo stesso, e hai il cuore che ti batte nelle orecchie, così sbagli e ti compri un biglietto di prima classe.

Vabbé, il bello è che il vagone è semideserto con l’aria condizionata a palla e puoi addirittura mettere i piedi sul sedile davanti.

Per il resto è tutto uguale agli altri treni, agli altri viaggi.
Ti guardi intorno, cerchi di leggere, alla fine ti addormenti con l’Ipod nelle orecchie.
Così, quel che ti rimane sono come dei flash strattonati via verso la tua destinazione.
Come un film a singhiozzo.

E il tuo viaggio in treno è l’aspettativa di stare a contatto, con qualcuno che ti vuole bene, per poco tempo, ma quel tempo te lo farai bastare.
È una telefonata di arrivederci prima di una partenza, che ti mette di buonumore e nello stesso tempo ti preannuncia che sentirai un’altra mancanza. Una di più nella tua sconfinata collezione di nostalgie.
È la vista delle risaie già piene di spighe, con gli aironi bianchi e grigi che, nonostante tutto, ti sembrano ancora animali strani.

È una bellissima ragazza che sale a metà percorso, alta, sottile e flessuosa, e con meravigliosi capelli ondulati raccolti apparentemente senza cura sulla nuca.
Che si siede, senza bagaglio, vicino al finestrino dall’altra parte del corridoio, e la guardi di sguincio e pensi che è così bella, chissà quanti uomini avranno perso (e perderanno, perché è chiaramente giovane) la testa per lei.
Che poi si mette a parlare, bisbigliando, al cellulare, con un’aria che ti sembra innamorata.
Che, alla fine della telefonata, comincia a piangere silenziosamente, guardando fuori.

E tu ti senti, al di là della tua tristezza, ancora più triste, in pena per lei, anche se non la conosci.
Vorresti farle almeno un sorriso, mentre scendete alla stessa stazione, ma lei si guarda intorno come se fosse preoccupata che qualcuno la possa notare.

La bella ragazza scompare nella folla dondolando sulle anche e a testa bassa, con quella nuca che sembra così indifesa.
E tu puoi solo seguirla con gli occhi, finché non la vedi più.

soundtrack: Only the lonely, Frank Sinatra

dieci piccoli indiani

A Spago non piace la sua cuccia nuova: ma i gatti, si sa, son fatti così.

L’impiegato dell’INPS ha una camicia da taglialegna e mani da vignaiolo: sarà la zona (geografica, non la dieta)?

I kids, ogni volta che li vado a prendere all’oratorio, sono cresciuti un po’ di più.

Il mio amico Gianni mi vuole bene perché dice che sa che gli voglio bene.
E lo dice sul serio.

Sacha Baron Coen senza baffi è un fico della madonna.

La cesta della roba da stirare è di nuovo strapiena: per il momento, me ne fotto.

Oggi pomeriggio, in coda dal medico, mi sono addormentata: come risultato, due signore diabetiche mi hanno fatto passare avanti.

"Solo la mano che cancella può scrivere la verità", affermava il mistico tedesco Meister Eckhart (1260-1328). Ti suggerisco di usare questo aforisma come pensiero guida per i prossimi giorni, Bilancia. Il compito principale che ti aspetta comporterà dissoluzione, demolizione e distruzione. Ti dirò di più: otterrai molto se sarai pronto a perdere molto. Il tuo grido di battaglia dovrà essere: "Arrendetevi!". : per quel che mi riguarda, sono disposta a perdere tutto. Solo, non so chi mai si arrenderà, a parte me.

La mia cicatrice da morso di insetto misterioso sta guarendo: sempre che non sia un marchio magico o satanico. È carina, però.

Domani sera comincia la mia libertà vigilata, e volo via: è un volo breve ed effimero, come di libellula o di farfalla, o di cetonia dorata (quel verdegiallo metallizzato, il più bel colore del mondo).
Ma va bene anche così.

soundtrack: Pezzi, Francesco De Gregori

c.r.a.z.y.

Alga dev’essere definitivamente impazzita.
Il clima precocemente autunnale, (che poi fatalmente si trasformerà in una torrida estate tradiva), la precarietà lavorativa (aggravata da montagne di criptici moduli dell’INPS da compilare nel giro di ventiquattrore), la solitudine, le asperità kiddesche, i libri di testo da recuperare al minor prezzo possibile, l’ascolto reiterato di robe allegre tipo Nick Cave and The Bad Seeds, l’hanno conciata per le feste.

Al punto che, questa mattina, avendo verificato che il lettore DVD è definitavente defunto e desiderando ardentemente una qualsiasi compagnia per le sue infinite notti di stiraggio (oltre alla bocca cucita dei kids), è partita lancia in resta all’acquisto di un nuovo apparecchio.

Tornata a casa vittoriosa, brandendo fiera un arnese ottenuto per la modesta cifra di trentanove euri, dopo aver riordinato tre armadi, preparato la pasta per la pizza e invitato tre amici (di cui due in età adolescenziale) allo scopo di giustiziarla assieme ai kids, ha proceduto all’installazione dello stesso.

Per scoprire, con sincero sgomento, che stavolta era saltato l’audio del televisore.
Per dire, belle immagini in assoluto silenzio.
Che per l’Alga sarebbero anche andate bene, ci avrebbe messo in sottofondo l’Ipod con su Nick Cave (piuttosto che Thom Yorke) e magari le avrebbe fatto un effetto sballone tipo MTV, tutto fuorisincrono, ma appunto per i kids no, le cose non stanno propriamente così.

Quindi, colta da un attacco di panico + istinto di riparazione da senso di colpa + sindrome di Tourette è prontamente risalita in sella, per precipitarsi di nuovo al supermarket, dove ha arraffato alla cieca il primo TV che ha visto ad un prezzo decente.
Già che c’era, è passata al Molinetto e si è caricata il baule di cassette di pesche in saldo per fare la marmellata, non sia mai che possa restare un momento solo con le mani in mano.
Tanto, presumibilmente, tra un paio di mesi sarà sotto un ponte.
Quindi, tanto vale.

Alle diciannovetrenta Alga varca la soglia di casa, barcollante sotto il peso e il volume di un immenso scatolone Innohit, e trova i kids che si deliziano davanti a Willy Wonka and the chocolate factory (quello del ’71, grazie smilzo), con l’audio della TV perfettamente funzionante.

Alga è senza parole.
Alga si sente non tanto a posto, e forse lo è.
Alga appoggia delicatamente lo scatolone davanti all’armadio e prepara una magnifica pizza per sei persone, senza dire beh.

Alga pensa che domani potrebbe riportare il TV al supermercato e prendere al suo posto un microwave per sostituire l’altro cadavere che ha in cucina.

Ma è matematicamente sicura che, se lo facesse, l’audio della televisione del soggiorno smetterebbe di funzionare.
Per sempre.

soundtrack: Crazy, Patsy Cline

transformers

bigodiTransformers è un film ispirato a degli orrendi giocattoli coi quali gran parte dei nostri figli maschi ci hanno tritato i colions (*) a partire dai tre anni, e forse non è ancora finita.

Il film comincia con un attacco a sorpresa all’aeroporto di un campo USA nel deserto e continua con la distruzione di un villaggio.
Poi arriva John Voight (che io ricordo ancora con un brividone molto più giù dello stomaco in Un uomo da marciapiede, ma ancora di più in Tornando a casa, e ben che era su una sedia a rotelle…) truccato da vecchio bacucco e pettinato come l’ispettore Derrick.

Segue un’infinità di scene demenziali ad altissimo volume.
Le battute degne di nota sono:

volevo solo mostrargli i miei cannoni
i genitori sono estremamente irritanti: posso sterminarli?
avete un’invasione di topi, vuoi che lo termini?
io guido, tu spari
non si sta mettendo bene
bigolo riuscì a trasmettere per tredici secondi
(bigolo? O_o)
hai rischiato la vita per proteggere il cubo.

Ad un certo punto salta fuori John Turturro che fa la parte del cattivo-che-poi-in-fondo-è-buono e che dice la migliore:
è una criminale, le criminali sono gnocche.

Al termine della visione posso affermare che:
i soldati sono dei fregni inenarrabili
le ragazze c’hanno su il lipgloss anche nelle scene di panico&distruzione
Megatron ha l’elmetto da nazi.

Verso sera, anche la Cami, dopo la sua prima messimpiega coi bigodi, sembrava un transformer.

Ma guardati, come stai bene.
C’hai un sacco di capelli, mica come me.
Trovo i ciuffi sul cuscino, mi sa che tra un po’ diventerò calva.

Non ti preoccupare, mamma, per allora sarò maggiorenne e ti comprerò una bellissima parrucca.
Come la vuoi?

Sarò un transformer.
Pure io.

* non so se ve ne siete accorti, ma ho fatto una citazione: ve lo ricordate 8 e 1/2?

soundtrack: Changes, David Bowie

dacci oggi il nostro pane quotidiano

Ciao mamma, sono contenta che sei venuta.
Ti ho fatto una cosa che non hai mai mangiato e che qui non si mangia, di solito.
Si chiama mesciùa, mi sembra che sia venuta bene.
Ho preso la ricetta da un bel libro che mi ha regalato una mia amica quest’estate, ma per non sbagliare ieri sera le ho domandato se gli ingredienti erano proprio giusti.
Che te ne pare?

Mah.
Mi sembra un po’ insipida.

Eh, può darsi, anche perché è una cosa che deve cuocere tantissimo tempo, così è meglio non salare troppo…
Mi sembrava a posto, ti vado subito a prendere il sale.

No, no, lascia stare, il sale fa male, meglio se la mangio così.

Ma dev’essere proprio così insipida?
Io sono abituata a mangiare più salato, la roba è più buona.

Ti prendo il sale.

Ma ti ho detto di no.
E poi bisogna aggiungerlo prima.
Anche mia madre cucinava poco salato, ma io ho imparato dalla mia amica J.: lei, appena la cameriera portava in tavola, prendeva il salino in mano, senza neanche assaggiare.
Con un po’ più di sale i piatti sono più saporiti, non c’è niente da fare.

Allora, com’era? Ti è piaciuta?

Boh, insomma.
Non sapeva di niente.

soundtrack: Sapore di sale, Gino Paoli

germania anno zero

Il lettore DVD è rotto.
Lo stereo è rotto.
La playstation è rotta.
Il microwave è rotto.

Mio figlio ripete le sue proteste, che sono giuste perché si sente sempre escluso.
Ma non vedo soluzioni.
Se sua sorella è un’ospite gradita da altre parti e lui non lo è, posso solo offrirgli la mia compagnia e magari un pranzo da macdonald’s, per chiacchierare un po’ io e lui, davanti a qualcosa che gli piace.
Una volta funzionava, ora non più.

Sta in camera sua, davanti alla TV con Una poltrona per due sparato a palla (il videoregistratore è l’unico superstite all’ecatombe mediatica, a parte il mac, per fortuna) sdraiato per terra a piangere.
Non vuole nemmeno il mio abbraccio.
E singhiozza la sua rabbia come un disco rotto.

Mi piacerebbe poter dire che anch’io mi sono rotta.
In fondo sarebbe bello dare forfait, chiudere, pensare ad altro, andarsene via anche solo con la testa.

Invece no.
Non riesco a fare altro che stare qui invischiata tra le mie macerie, arrovellandomi su come possa riuscire a far funzionare almeno una cosa, dico una.
Almeno un lavoro decente e sicuro.
Almeno una dimensione serena con i kids.
Non pretendo di avere tutte e due, mi basterebbe o/o, a tutto il resto ho già rinunciato da molto tempo (è un lusso, non me lo posso permettere).

Se non ho la forza di ribaltare tutto, mi rimane quella di stare e quando non ne posso più cerco di aggrapparmi ai miei pensieri felici.
Mi ripasso altri luoghi e altri volti e altre cose, e anche come posso essere diversa, ogni tanto, e piena di vita e di desideri.
Oppure prego, ma non si può chiedere sempre.

Stamattina presto ho sognato Annalisa, che stava dall’altra parte della scrivania e mi ascoltava, e sorrideva.
La sua immagine era straordinariamente nitida, come se fosse roba di ieri, e non di un anno fa.
Mi sono svegliata quasi stupefatta.

È che io, un po’ di luce continuo a vederla, oltre la porta.
Ma non so come fare ad arrivare fin là.

soundtrack:

il lungo addio

Se a settembre non vuoi estinguerti piagnucolando, dovresti, appena possibile, uscire di scena con un colpo a sorpresa.
Tra un paio di settimane, dovrai rendere conto al fato, mentre in questo momento il fato deve ancora rendere conto a te.
Perciò tira fuori il calendario e programma addii spettacolari, ultime risate e momenti di massima tensione che non lascino spazio a equivoci.
Fa regali di addio alle tue nemesi part-time per non farle andare via arrabbiate.
E assicurati che il giorno della resa dei conti arrivi quando giocherai in casa.

Di’, Rob: ma ce la farò?
E poi, non son mica sicura di aver capito bene, sai?

soundtrack (da ascoltare ad occhi chiusi, ché il video è bruttissimo, invece il pezzo è bellissimo):