Alé, si ricomincia.
Col tormentone alla radio: manca un meseeeeeeeee…
Con la casella postale invasa di depliant Ikea: Snöa Band, Ãrbar, Julros, Kallt, Diod, Famnig Hjärta, Ljusäs Uväs e chi più ne ha più ne metta.
Con le chiusure anticipate in redazione, ché si lavora anche il sabato.
Con l’alberone di Natale in piazzetta, e tutti quelli che ci passano accanto c’hanno certe facce da funerale…
Come al solito, per me, è il momento peggiore dell’anno.
È un momento de paura, ma poi per fortuna passa.
E, come al solito, mi sento sempre divisa in due, o anche in tre.
1. Sedarmi pesantemente e cadere in letargo per cinquantasei ore?
Rapido e indolore, quando mi sveglio è tutto passato.
2. Fare la tosta e organizzare la trentesima cena nataliziainanticipo con i miei amici di Torino?
Quest’anno non so se ha senso, del resto mi piacerebbe, ogni tanto, che fossero loro, a farsi vivi e a dirmi che mai rinuncerebbero alla nostra cena nataliziainanticipo.
3. Inventarmi di essere Madrecoraggio e costringere i kids a passarlo noi tre, comme il faut, con le candeline, le facce felici, l’albero, il presepe, e almeno tre pacchetti a figlio (per i quali farò un finanziamento)?
Potrebbe essere un suicidio affettivo: la Cami inchiodata su Fb, Pietro riverso sul sofà a guardare I Simpson, io a tavola a mangiare da sola (ma forse anche no, dipende dal culo).
Tutto sommato, se non intervengono fattori esterni, direi che sceglierò la 3.
Sperando in una bella nevicata e in una botta (appunto) di culo.
Quindi, il prossimo weekend, calerò in cantina per riesumare i vari feticci e mi lancerò nella decorazione casalinga, sperando di poter osare il lusso di una Messa di mezzanotte tutti insieme.
Nel frattempo mi slappo un avanzo di polenta taragna bio riscaldata al micowave (che sempre qualcosa fa).
In mancanza di un bel Famnig Hjärta che, per chi non lo sapesse, è un cuscino rosso a forma di cuore dotato di braccia e mani.
Così, tanto per farsi abbracciare.
soundtrack: