RAT RACE

Tutto quello che segue, “solo” per potermi godere un’ora e mezza di lezione di tango, ieri sera.

ore 16,20.

1. tornando dal lavoro, ricordarmi di comprare una confezione da 24 di pennarelligiotto per la Cami.

2. poi un prelievo al bancomat, a Pietro servono 21 euri per l’assicurazione + un libro di scuola.

3. arrivando a casa, al pelo per andare a prendere Pietro, sapere che la Cami vuole andare a studiare da una sua compagna. Telefonare a casa della compagna per parlare con la madre e prendere accordi (almeno sapere l’indirizzo, eh?).

4. andare a prendere Pietro. Dissuaderlo dall’intenzione di invitare suo cugino per merenda.

5. ri-tornata a casa, cercare di parare in qualche modo al mostruoso casino creato dalla Cami durante il suo pranzo solitario.

6. controllare gli zaini dei figli, compiti, robe da firmare ecc.

7. sedare una rissa tra i due a proposito dei pennarelli (a lui li avevo già comprati una settimana fa, assolutamente identici, ma non se ne ricordava). Ovviamente, merenda.

8. accompagnare la Cami dalla sua amica, ma prima di uscire accendere il boiler per poter fare la doccia e controllare la posta sul Mac.

9. chiacchierare con la madre dell’amica per 5 minuti 5 (bisogna pur fare conoscenza…). Tornare a casa.

10. preparare lo zaino della Cami per il volley. Spegnere il boiler. Accendere il forno per le lasagne da lasciare alla Cami. Apparecchiarle la tavola nell’assurda speranza che per una volta non mangi davanti al TV.

11. farmi mostrare da Pietro le ultime carte dinonsoché, da poco acquistate. Lasciarlo andare in edicola a comprarne altre (con i suoi soldi). Aspettare il suo ritorno per non essere sorpresa sotto la doccia.

12. tornato Pietro, fare la doccia, lo shampoo e l’asciugatura mediante brushing in 15 minuti secchi.

13. caricare Pietro in macchina, portarlo da mia madre, alla quale ho raccontato che vado a lavorare (mica a ballare!) altrimenti non me lo terrebbe mai. Tempo tragitto andata e ritorno: 20 minuti.

14. andare a prendere la Cami, scambiare lo zaino di scuola con quello di volley, accompagnarla in palestra, chiedere a qualche genitore misericordioso se alle 21,30 me la allunga fino a casa (io arrivo un’ora dopo).

15. tornare a casa, spegnere il forno, schiaffare il piatto con la porzione di lasagna nel microwave, preparare mozzarellaepomodoro, scrivere biglietto da lasciare sul tavolo: lelasagnesononelmicroondebacimamma.

16. riprendere la macchina e sfrecciare verso la città.

ore 20,30.

Lezione di tango. E me la sono proprio goduta.

Ma questo lo racconto magari in un altro post, altrimenti qua non la finiamo più.

ore 22,00.

1. rifiutare una birra, perché c’è Pietro da andare a riprendere.

2. sfrecciare in salita, acchiappare Pietro.

3. tornare a casa, scoprire che la Cami naturalmente è ancora in piedi. E che si è mangiata TUTTE le lasagne. Cazziarla (ma solo un po’, i sensi di colpa sono sempre in agguato).

4. ficcarli a letto.

(vi risparmio il rigoverno della cucina e gli annessieconnessi)

Comunque, ne valeva la pena 🙂

soundtrack: Born to run, Bruce Springsteen

TAXI DRIVER

Durante uno degli innumerevoli accompagnamenti agli sport dei miei figli, oggi pomeriggio, imbottigliata nel traffico dell’ora di punta, con in testa una lunga lista di cose da non dimenticare intervallata da considerazioni sulla vita e, lo ammetto, anche da qualche pensiero un po’ osé, ho avuto un momento di confusione.

Siccome il passeggero di turno era particolarmente silenzioso (in lettura di qualche albo delle Witch, pittosto che di Tex), ad un certo punto mi sono resa conto che per un lunghissimo minuto non ho avuto minimamente idea di chi diavolo stessi scarrozzando.

Se Pietro oppure la Cami. E soprattutto, dove.

soundtrack: Horse with no name, America

BROKEN BLOSSOMS

Lei: Caro, ho fatto un sogno meraviglioso, l’altra notte.

Lui: Eravamo su un’isola deserta?

Lei: No, nel nostro negozio di elettrodomestici di fiducia.

Potrebbe sembrare una battuta di Woody Allen.

Potrebbe (e neanche tanto ben riuscita).

Invece, è l’incipit dell’ennesima orribile pubblicità radiofonica.

Ma insomma, in che mondo viviamo? A me non fa ridere, questa roba qui.

E non mi fa nemmeno venir voglia di comprare.

Manco i sogni, ci lasciano?

😦

soundtrack: And no more shall we part, Nick Cave & The Bad Seeds

LA ROSA TATUATA

Tempo fa ho abitato una casa gialla, nel centro di un paese vicino a quello in cui sto ora.

Per tre anni, e lì sono stata felice.

Ci passo spesso davanti, ma quasi sempre in auto, per cui ne vedo di fretta intonaco, siepe, tetto.

Me ne sono andata, da quella casa, per un progetto di vita che poi è fallito.

Avevo la sensazione che sarebbe finita così. Ma l’ho fatto lo stesso perché in quel progetto ci credevo, e poi perché non sono capace a fidarmi del mio istinto.

Sei mesi prima, avevo piantato una rosa rampicante bianca (ancora non sapevo che me ne sarei andata) vicino alla mia porta, nel cortile. La siepe la nasconde.

Ma quando ci passo davanti a piedi la vedo, e ogni volta è un tuffo al cuore.

Come stamattina, e mi è venuto da piangere.

Ora sono passati cinque anni, la rosa è bellissima, si arrampica fin sulla grondaia e copre tutto il muro.

Sono contenta che qualcuno, dopo di me, continui a curarsene.

Non mi dispiace tanto per il posto -la vita ti porta in posti strani- , quanto per la rosa.

La rosa era il mio modo di dire: questa è la mia cuccia, finalmente.

E una rosa, è una rosa, è una rosa 🙂

La mia rosa bianca.

Avrò mai un altro quadrato di terra dove piantare una rosa?

soundtrack: Where the wild roses grow, Nick Cave & The Bad Seeds

ANNA DEI MIRACOLI

La mia amica Anna è uno storico dell’arte. La sua specialità sono i tessili, sa riconoscere velluti, sete, damaschi antichi, li sa classificare e collocare nell’epoca esatta della loro nascita, ricostruisce la loro storia.

Sa anche dove andare e a chi rivolgersi per farli ritornare in vita, oggi esattamente come allora.

L’ultima volta che mi è venuta a trovare mi ha portato delle cose da vedere.

Doveva riprodurre un velluto per rivestire dei divani di Palazzo Madama, a furia di scavare negli strati più recenti aveva scovato un microbrandello, quello originale.

È andata a Venezia per vedere se si poteva rifare, e ha conosciuto Franz.

Franz fa il tessitore, rigorosamente a mano. Per lui è una forma di esercizio mentale.

Si è offerto per una prova, le ha mandato uno scampolo.

E lei lo ha portato a me.

Prima mi ha fatto vedere i tre rocchetti di seta che ha fatto tingere apposta, uno rosa antico, uno verde smeraldo, uno rosso chiaro.

Poi ha tirato fuori il velluto. Aveva lo stesso colore del barolo, quando alzi il calice davanti a una candela accesa. Magnifico.

Me l’ha fatto toccare. Una sensazione intensa e stranissima, di tenerezza e nello stesso tempo di ricchezza, quasi di forza, mai provata. Opulenza, forse, è la parola giusta.

Alla fine ha fatto una piccola magia.

Mi ha detto: guarda, questo spiega la pittura del Seicento e del Settecento, questo sta dietro a Raffaello e ai suoi drappeggi.

Ha accartocciato la pezza di velluto tra le mani e l’ha appoggiata delicatamente sul piano del tavolo.

Stava in piedi da sola, come fosse stata di creta, sostenuta e morbidissima allo stesso tempo, la luce che scendeva dall’alto e creava ombre e riflessi nelle pieghe.

Incredibile.

Ecco come ha fatto Tiziano a dipingere il drappo della Venere allo specchio 🙂

E il segreto, dice Anna, sta tutto nell’intreccio.

soundtrack: Happiness is a warm gun, The Beatles

UNE LIAISON PORNOGRAPHIQUE

Notte.

Lei: Allora, ti sei sfidanzato…

Lui: Beh, sì.

Lei: E glie lo hai detto, alla tua amante numero uno?

Lui: No.

Lei: Come mai?

Lui: Altrimenti mi si sarebbe immediatamente appiccicata.

Lei: Uh… e come mai l’hai detto a me? Aspetta… perché sai che io a te non mi ci appicicherei mai, vero?

Lui: Già.

Lei: 🙂

soundtrack: Certe notti, Ligabue

TIME

Un film per dismorfofobici d.o.c.

Io sono una che ci gode ad andare al cinema da sola 🙂

E mai come ieri pomeriggio, ho fatto bene ad andarci da sola, a vedere l’ultimo di Kim Ki-Duk.

Perché oltre che bellissimo (e straziante), mi ha anche detto un sacco di cose.

In due parole: una ragazza bellissima, pazzamente innamorata del suo boy e preoccupata di non piacergli più abbastanza dopo due anni d’amore, decide di andare da un chirurgo plastico per farsi rifare la faccia.

Naturalmente, il “trucco” non funziona. Anzi, il povero fidanzato, pazzamente innamorato a sua volta, non riesce a dimenticarla, e quando capisce che l’ha ritrovata con un volto diverso, decide di farsi cambiare, a sua volta, il proprio.

Non vi racconto come va a finire. Ma, se vi capita, non perdetevelo.

Quanto si cambia nel tempo, durante un rapporto d’amore?

Quanto è importante lo sguardo dell’altro su di noi?

Quanto amiamo noi stessi veramente, per quello che siamo?

E se non siamo capaci di capire che l’altro ci ama?

Quanto ci si deve inseguire, morendo dalla voglia di cercarsi, morendo dalla paura di trovarsi?

Vero. Struggente. Commovente.

Uscendo, ho sentito un dialogo tra una coppia di anziani. Quel tipo di persone attempate e “tronfie” di una qualche loro segreta raggiunta perfezione.

Lui: Che cagata!

Lei: Dimmi tu come hanno fatto a dargli quattro pallini…

Una preghiera mi si è affacciata improvvisa e istintiva, e ho fatto fatica a non pronunciarla, anche se mi è salita a fior di labbra.

Gesùmmio, fammi morire prima di lasciare che diventi così.

soundtrack: Enjoy the silence, Depeche Mode

ADDIO ALLE ARMI

Non posso credere che Oriana Fallaci abbia mollato Panagulis solo perché lui aveva “osato” chiederle di lavargli i calzini.

Basta aver letto Un uomo (e Lettera a un bambino mai nato).

Secondo me l’ha raccontata così perché era troppo orgogliosa per dire com’era andata veramente.

Anch’io sono fatta un po’ in quel modo lì.

soundtrack: Insieme a te non ci sto più, Caterina Caselli