parla con lei

Non è  mica facile, comunicare.

Perché hai ridotto la camicia a brandelli?
Risposta: slam (porta sbattuta, n.d.r.)

Ho un budget massimo di cinquanta euro per le tue scarpe.
Risposta: nessuna ragazza ha mai avuto una vita sfigata come la mia.

Sono risposte di adolescenti, ma lo stesso vale per certi adulti.
Anche online.

L’alternativa è sentirsi come sempre sbagliata, o semplicemente fottersene.

Anche se è difficile, mi sto attrezzando per la seconda.

soundtrack: Communiqué, Dire Straits

le lacrime amare di petra von kant

Vi avverto, questo è un post lagnoso.
Se non vi va di leggerlo, chiudete subito questa finestra e tornate in tempi migliori.

Fanculo, fanculo.
Sono tornata a casa alle sette, e da allora non riesco a smettere di piangere.

Perché fa un caldoumido porco stile Borneo, e me la sono fatta a piedi da via Garibaldi alla Gran Madre.

Perché ho fatto i salti mortali per finire il lavoro stasera e poter partire domani mattina presto, e invece Pietro vuole andare in piscina con il centro estivo e così mi toccherà fare una levataccia sabato mattina.

Perché ci ho litigato e nel frattempo ho perso tempo e non ho potuto fare la spesa, così dovrò partire per forza dopo, anche se lui cambierà idea (e comunque, per il fatto che ci ho litigato, non me la perdòno).

Perché la casa è un puttanaio, ci sono piatti dappertutto e il computer incriccato e montagne di roba da stirare e sono senza forze.

Perché mercoledì dovremo essere di ritorno perché la Cami deve giocare, ed è l’ultima possibilità di mare per me, quest’anno.

Perché non ho trovato un cane che mi venga a bagnare le piante mentre non ci sono.

Perché sono quasi tre mesi che non esco alla sera.

Perché non dormo alla notte.

Perché mi sento gonfia come un cetaceo e quando mi specchio nelle vetrine mi faccio spavento.

Perché sto sulla corda per una risposta, e ho paura.

Perché mi mancano delle persone.

Perché sono agitata ed emozionata per una mia amica.

Perché non ne posso più di sentire la tv sparata al massimo per tutto il tempo che sto in casa.

Perché ho bisogno di tranquillità, di sicurezza, e anche di affetto, perché no.

Perché certe volte mi sembra di poter finalmente tirare su la testa, e invece sono in completa derapata (sul ghiaccio).

Perché non riesco assolutamente a smettere di piangere, stasera.
Porcocazzo.

soundtrack: Melt my heart to stone, Adele

il bagno turco

Schiantarsi di stirella con fuori (ancora) circatrentagradi ha i suoi bei vantaggi.

Tipo che poi hai i pori ben dilatati, e schiacciarti i punti neri diventa un gioco da ragazzi 😉

Oppure, che a un certo punto diventi mistica e vedi la grande lucertola, che potrebbe essere Jim Morrison oppure anche no.

Comunque, se hai in mente una fuga repentina nei prossimi giorni (gatto compreso, e irrigatore attaccato alle piante), vale anche la pena scioglierti di sudore.

E avere pure le visioni, sì.

soundtrack: Il dio serpente, Augusto Martelli

un incendio visto da lontano

majoMi fa un po’ effetto, non essere in un certo posto, sabato prossimo.

Si vede che era destino così, a volte capita.

È che non so bene cosa pensare, e come dirlo.
È che non so.

Sarebbe bello, se tutto fosse un po’ più facile, invece no.
Però sarò contenta lo stesso, perché sarà bellissimo, lo so.
E lo guarderò, quell’incendio, ma da lontano.

Per mille motivi.

soundtrack: Obladi Oblada, The Beatles

underdog

Nel Giardino dell’Eden, il Signoreiddìo guardò Eva, che era rimasta lì come una polla con la mela mezza sbocconcellata in mano (e con Adamo che ne aveva appena approfittato, ma faceva finta di niente) e disse:

partorirai con dolore
dovrai farti la ceretta ogni mese
e quando resterai single e non più tanto fresca gli uomini si smaterializzeranno al suono della tua voce che dice ho due figli adolescenti
ti verranno i sottobraccia a tendina e l’unica opportunità che avrai di sentire un maschio ansimare sarà  quando passerai vicino ad un campo da tennis.

Ma, soprattutto, dovrai rinunciare ai film di Cannes per portare i kids a vedere Underdog.

E questa, tra tutte, è la maledizione peggiore.

soundtrack: No chance, Lou Reed

fuga da alcatraz

Stai cogliendo le opportunità uniche che quest’anno ti offre, Bilancia? Ormai siamo a metà del 2008 e possiamo fare un bilancio. Spero che tra sei mesi, guardandoti indietro, potrai dire: "È buffo che per scoprire qual è il mio vero posto nel mondo ho dovuto cambiare idea su qual è il mio posto nel mondo. E che per sentirmi a casa mia su questo pianeta ho dovuto prima liberarmi delle convinzioni sbagliate su quello che si prova a sentirsi a casa propria su questo pianeta. Per trovare più sicurezza ho dovuto perdere alcune certezze".

Rob, tutte le volte è come se scrivessi apposta per me.

Ma come fai?

soundtrack: I wish I could fly, Roxette

incatenata

Mi tocca, a causa di Alice.

Non che mi dispiaccia, anzi.
Solo che è difficile.

Comunque, per farla breve, da quel che ho capito bisogna nominare sei libri  e sei film importanti.

Ecco i libri:

La Belle Catherine and so on (cinque o sei tomi) ad opera di una certa Juliette Benzoni.
Una vera porcata, ma mi attizzava un casino.
C’era amore, passione e sì, anche un po’ di sesso.
E molta storia medievale.
Avevo dodici anni, ci ho passato l’estate intera, sdraiata a pancia in giù sul letto dello studio in casa dei miei.
Nonostante il livello mediobasso (più basso che medio), è lì che ho scoperto che con la lettura si poteva partire.
E andare lontano.

I Mandarini, Simone De Beauvoir.
Quindici anni, un colpo di fulmine.

Bonjour tristesse, Françoise Sagan.
Altra semiporcata, però nel frattempo andavo al cinema a vedere Truffaut, quindi…
E poi, avevo solo diciassette anni.

La nausea, Jean-Paul Sartre.
Diciotto anni, lo leggevo perfino per strada (ho rischiato un paio di volte di finire accoppata).

1984, George Orwell.
L’ho divorato in tre giorni.

Alla ricerca del tempo perduto, Marcel Proust.
Avevo venticinque anni, ci ho messo tredici mesi, in fondo sono sette romanzi.
È stato travolgente, ma l’ho pagata: per tutto l’anno successivo, qualsiasi libro cercassi di leggere, mi sembrava idiota.

Passiamo ai film, e qui son dolori, ché ne avrei cinquantasei.
Cercherò di contenermi, e userò le immagini, più che le parole.
E non importa se ci vuol tempo, a guardare.
Deliziatevi pure, tanto è domenica 🙂

Uno.

Due.

Non so se vi rendete conto, ma sono due opere prime.
Questi film li hanno girati due ragazzi di poco più di vent’anni, e sono i miei due film del cuore.

Tre.

Lo conosco a memoria.

Quattro.

Questa è stata la mia tesi di laurea.

Cinque.

Assolutamente totale.

Sei.



Incantevole
.

E cazzo, voglio sbulaccare e ci ficco pure questo, tiè.

Nomino chi passa, chi vuole.

soundtrack: All my loving, The Beatles

monsters & co.

Sono stufa di voler essere bella e buona.

Bella, tanto non ce la farò mai.
Per dire, sono totalmente fuori dai canoni.

Buona, beh, per la maggior parte del tempo rischio di sembrare stucchevole, e basta.
Cosa, tra parentesi, che detesto.

Quindi, per un po’, (non avendo i soldi per permettermi un guru che mi faccia prendere a battipannate un sofà in ambiente protetto) ho deciso che voglio essere brutta e cattiva.
Non brutta e buona (ché mi verrebbe naturale) come questo emerito coglione qua a fianco.

Brutta e cattiva, e antipatica, pure.
Già quel discorsetto del nostro piccolo führer (dovevate sentire il tono…), con tanto di pugni sul tavolo, mi aveva attizzato non poco, quando l’ho sentito alla radio mentre tornavo a casa.

E poi l’orrenda pizza di stasera, seguita da una ancor più orrenda pastiera, ha rotto ogni mio indugio.

Per un bel po’ sarò brutta e cattiva, e stronza (siete tutti avvertiti).
Magari ci riesco meglio.
Magari, finalmente, qualcosa cambia.

Magari va a finire che mi diverto.

soundtrack: Creep, Radiohead

la calda amante

stradaCapita che all’improvviso smetta di piovere, dopo quasi tre mesi di monsoni.
Capita che, naturalmente, poi faccia un caldo boia.

Però, se esci dal lavoro alle sette di sera, capita che l’aria sia tiepida, morbida, quasi immobile ma non soffocante, perfetta.

Questa di stasera, in via Garibaldi, è appunto la temperatura perfetta.
Una cosa impalpabile ma palpabile, che ti avvolge come un abbraccio.

Ti avvolge in un abbraccio ma nello stesso tempo ti spinge incontro agli altri.

La strada è piena di gente che esce dagli uffici, con un’aria da libera uscita scritta in faccia.
Tu cammini spedita perché è tardi, ma intanto c’hai la musica nell’Ipod e guardi negli occhi tante persone.
E ogni tanto ti metti al passo con qualcuno veloce come te, e ci fai un pezzo di strada assieme.

L’aria è tenera e carezzevole e ti scioglie il cervello, ma lentamente, finché non resta altro che la tua pelle.
La tua pelle che gode della temperatura assolutamente perfetta.

Così, tu (una buona volta) smetti di pensare.

soundtrack: Veramente, Mario Venuti