fronte del porto

viole 1Ma guardatele.

In autunno sono andata in un vivaio qui vicino, a cercare qualcosa da mettere sul balcone, che mi facesse compagnia nei brutti mesi invernali.
La tipa mi ha domandato: perferisce fiori o verde?
Io i fiori li adoro, sono colorati (il verde e basta fa un po’ cimitero).
Quindi, fiori.

Allora mi ha proposto le viole del pensiero.
E io le ho chiesto: ma resisteranno (al clima rigido, alle mie dimenticanze, ai kids, al gatto)?
E lei: vedrà, non se leverà più di torno.

Con quelle facce lì da pechinese, non è che mi facessero impazzire.
Ma non mi allettava l’alternativa verde.
Così, me ne sono portate a casa un tot, e ci ho riempito cinque fioriere.
E queste qui si sono scatenate: hanno messo foglie nuove, e nuove corolle, a bizzeffe.
Testarde. Incrollabili. Irragionevoli.
Nonostante il freddo e la siccità.
Nonostante la mia iniziale diffidenza.
Nonostante l’esposizionesolenelpomeriggio del mio balcone, che d’inverno significa quasi un nulla di luce.

Eppure.
Non solo sono sopravvissute, ma di più, hanno trionfato.
Mi hanno anche conquistata: mi sono simpatiche, adesso.

Dovrei proprio prendere esempio da loro.
E, domani pomeriggio, scendere in campo come un piccolo Davidevioladelpensierodelmiobalcone.
Per spaccare il culo a Golia.

soundtrack: I will survive, Gloria Gaynor

l'invasione degli ultracorpi (sequel)

melanzeparmigianaDal vostro inviato speciale in cucina.

Ovvero (per dovere di cronaca) come ho domato le stranissime melanzane.
Probabilmente transgeniche 😀

Dunque dunque, nella prima foto in alto potete vedere la solanacea in questione appena affettata.
Non presenta semi al suo interno. Strano. Strano?
Io mi son domandata, mentre lavoravo di coltello, ma come diavolo farà a riprodursi?
A proposito, c’è qualche botanico online che mi può spiegare?
[Ehi, voi della facoltà di Agraria di Pisa, che ogni tanto vedo nei referrers, fatevi sentire ;-)]

Mentre cucinavo ho googlato qua e là.
Alla ricerca melanzana oblunga striata, a parte
La sua forma è oblunga, perché il pene dell’uomo è sporgente, … La componente striata (volontaria) dello sfintere è qui descritta dal termine homo vult (ooops…)

ho trovato che forse questa si avvicina alla
Bianca ovale, pianta vigorosa e rustica adatta a vari ambienti climatici, che produce frutti di colore bianco avorio, di forma ovale, con pochi semi; è poco coltivata in Italia;

poi: due pagine non trovate
poi questa roba demenziale (ma voi riuscite a leggere?).
E bon.

Nel frattempo, visto che non ho scoperto praticamente niente su di loro, ho dato alle misteriose melanze-zucchine-borlotte le sembianze di parmigiana che vedete nella seconda foto.

Vi assicuro, ed anche il mio ospite può testimoniare (dai, Bru, testimonia!) che il sapore era ottimo: morbido e delicato.
Gli eventuali danni perniciosi e nefasti derivati da esperimenti ogm sono stati prontamente neutralizzati dalle favolose lasagne al ragù che ho servito come primo piatto e dalle meline sante (quelle biologiche, per davvero) allo sciroppo d’acero e cannella, che fungevano da dessert.
Il forno era acceso, dovevo pur approfittarne, no?
🙂

Passo e chiudo.

soundtrack: Bread and butter, Devo

messaggero d'amore

camiQuando la Cami ha saputo che a cena sarebbe venuto anche L., è filata sotto la doccia all’istante.
L. le piace, e anche a me.
È un ragazzino forte e tranquillo, con uno sguardo da adulto.
Uno tosto, che dà una mano ai suoi genitori, anche se ha solo tredici anni.

Capace di dichiarazioni da brividi, ma senza affettazione.
Come quest’estate.
Per far esibire la Cami, dopo cena sul terrazzo, l’ha guardata dritto in faccia e le ha sussurrato, semplicemente: mi hanno detto che canti come un angelo.
Così, senza la minima enfasi.
Lei -di solito poco accomodante- ha eseguito, tappandosi gli occhi (è timida).
E, davvero, ha cantato come un angelo.

Mentre faceva la doccia, stasera, ho preparato l’insalata russa.
Sullo strato finale di maionese ho disegnato un cuore di capperi. Non so nemmeno perché.

Ma io vorrei, e lo voglio (anche se so che è quasi impossibile) con tutte le mie forze, che lei avesse quello che non ho potuto avere io.
O che non è riuscito a me.
Essere amata, tanto.
Per tanto tempo.
Non venire ferita.
Così da non avere paura.
Mai.

soundtrack: La cura, Franco Battiato

lezioni di tango 13

Parte la musica, tu apri le braccia e mi guardi negli occhi.
Solo per un momento.
E io so che sarai il mio amore per il tempo di un tango.
Anche se so poco di te, anche se sono passati dei giorni dall’ultima volta.
Ma, mentre mi avvicino, reincontro il tuo corpo, riconosco il tuo odore.

La musica sta andando, ma noi non ci siamo ancora mossi.
Devi decidere tu, io non posso fare niente.
Cioè, posso solo trattenere la mia passione.
Mi è vietato guidare, queste sono le regole.
Posso solo farmi sentire contro di te, e mandare il mio corpo a dire al tuo che sono pronta, sono disponibile a seguirti, per il tempo di un tango.
Per quel tempo ti seguirò ovunque andrai, anche se farai cose difficili e pericolose, anche se farai cose azzardate, che non so ancora fare.
Anche se sbaglierai.

Tu vieni da molto lontano, io vengo da molto lontano.
Ma ogni tanto ci troviamo per ballare il tango. Nient’altro.
E, in quel momento, è tutto quello che abbiamo.
Tutte le cose che mi ronzano attorno, nella vita quotidiana, scompaiono.
Resta la musica, resti tu, con cui ballare.
Mi concentro, perché per seguirti ci va tutta la mia attenzione.
Mentre aspetto che tu faccia il primo passo è come il rollìo dei motori di un jet, prima del decollo.
Eccitante, anche se mi fa un po’ paura.

Finalmente si parte, metà del cervello si spegne, perché si accende tutto il resto.
L’altra metà sta in ascolto, per indovinare dove andrai.
E scoprire che i movimenti combaciano è sempre una bella sorpresa.
E continuare, per tre minuti, a muoverci così bene è sempre una grande conquista.
E quando ci guardiamo di nuovo negli occhi e ci sorridiamo, alla fine del tango, è per dirci che è stato bello.

Lo so che non sono ancora abbastanza brava, ad andare e venire, a prendere e a lasciare, a seguirti come vuoi tu.
Forse imparerò, per il saggio di fine corso.
Ma io mi sento così, questo è il mio tango.

soundtrack: Gioir d’amore, Rossana Casale

l'altalena di velluto rosso

fioriÈ vero, sono fragile, instabile, drammatica e bislacca: vado sempre su e giù tra l’allegria e la disperazione.
Ma, in fondo, mi basta poco per aggrapparmi, fare leva e tirarmi su.
Fino al prossimo ruzzolone.

Per esempio, alle tre del pomeriggio mi sono fatta un piantino davanti all’ennesimo letargo di X.
Anche perché, nel frattempo, mi ero accorta di aver perso il portafogli con tutti i documenti dentro.
Però poi sono tornata a casa e l’ho ritrovato.
C’era un bel sole.
La fotocamera digitale è miracolosamente resuscitata, e così ho fotografato i miei gigli del supermarket. Li vedete, come sono belli?
Profumano tutta la casa (beh, sono solo 60 metriquadri…)

Tra poco mi aspetta una cosa poco piacevole.
Ma stasera viene a cena la mia amica Anna, e si porta Stefano.
Così Pietro sarà felice.

E poi, domani sera, vado a fare uno stage di milonga. Con un ballerino come si deve 😉

soundtrack: Take it easy, Crosby Stills Nash & Young

quel che resta del giorno

Un sms minaccioso, stamattina, che mi comunicava che devo ritirare una lettera dai miei datori di lavoro.
Ci andrò lunedì. Non credo che saranno buone notizie.

Un grande spavento: a scuola, X si è addormentato.
Dopo due ore, non si svegliava più.
Manco a chiamarlo forte e a scrollarlo.
Era tutto freddo. E io ero sola con lui.
Chiamo sua madre, cercando di non farla preoccupare, povera donna.
Lei ci mette mezz’ora a svegliarlo, e poi se lo porta a casa.
Intanto salta fuori che gli danno il fenobarbital.
E dirlo?

Colloquio in cucina con la Cami, mentre si spalmava materassi di burro sopra i toast e dall’altra stanza rumoreggiava il Diario di Bridget Jones (la gonna è a casa in malattia?).
– Mamma, è vero che gli uomini sono tutti stronzi?
– Bah…
– Ma perché ci godono a mollare le donne?
– Boh…
– Ma mamma!…
– Insomma, non lo so. Alla mia età non ho ancora capito come funziona. Mi dispiace ma non ho risposte da darti.

Visita dei Testimoni di Geova schivata in extremis, appiattendomi dietro la porta aperta imprudentemente da Pietro e successivamente sgattaiolando in bagno, dal quale ho gridato che stavo facendo la doccia.

La mia (nuova) fotocamera digitale si è cimita.
Non so se è successo durante il weekend.
Tant’è.
Niente foto, quindi.

Coda di venti minuti dal tabaccaio, per comprare i biglietti del bus per la gita della Cami.
Motivo: un teenager che cercava i filtrini (ovviamente per farsi le canne).
Insisteva, il deficiente. Voleva proprio dei pezzettini di cartone.
I filtrini si fanno, da che mondo è mondo, con il cartoncino dei pacchetti di sigarette.
O con i biglietti del bus.
O con i mini-rettangoli bianchi per gli appunti che si comprano da Muji.
Ma vaglielo a spiegare.

Mi si è anche rotta la cerniera della pecora.
Porcapaletta.

Vabbé, va’.
Andiamo a lezione di tango.
Ma prima metto a bagno i gigli che mi sono comprata al supermarket.

soundtrack: White lilium, Laurie Anderson

il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante

Titolo così questo post in onore di Trudi (anzi, a dire il vero, in onore della sua dolce metà, come me fan di Peter Greenaway), che mi ha invitata ad una sì deliziosa catena.
Oh, si vede che sta arrivando la primavera: i bloggers di mia conoscenza hanno voglia di uscire dal guscio e confontarsi un po’ 🙂

Ordunque, dopo il cinema ecco la cucina, altra mia grande passione.
Non resisto non resisto non resisto non res…
E rispondo.
Slurp.

Il tuo primo ricordo di te stesso cucinando?
A sei anni. Facevo delle frittelline di farina sale e acqua, poi me le facevo friggere da mia nonna.
A dieci anni mi hanno regalato il Dolceforno. E ho capito che avevo una vocazione.

Chi ha influenzato di più il tuo stile culinario?
La mia nonna, che era di Parma. Una cuoca fantastica, i suoi sapori non sono mai riuscita a riprodurli esattamente, se non casualmente, ogni tanto.
E poi mia madre, che prima di stufarsi era molto creativa. Passavo le ore in cucina a guardarla.
Ovviamente, tutti i miei amici: c’è sempre molto da imparare. Sono una che scassa i maroni con le ricette, Estrellita lo sa 😉

Possiedi del materiale fotografico che possa provare un interesse per il mondo culinario? Lo pubblicheresti?
Ne ho una libreria totalmente farcita 🙂
Ora che ho la fotocamera digitale, mi piacerebbe. Magari su un libro di ricette scritto da me.

Hai qualche fobia culinaria? Un qualche piatto che solo a pensarci ti viene il sudore?
Certi dolci con la gelatina, tipo le bavaresi. Lo so che non sono difficili. Ma io c’ho paura del risultato.

Il gadget in cucina che funziona meglioquello che ti ha deluso di più?
Meglio: beh, ovviamente il mitico minipimer. Tanto per dire, ci faccio la maionese in zerosecondi. E mi viene sempre. E il manicotto di caucciù per pelare all’istante gli spicchi d’aglio. Geniale.
Delusa: un tritacosi a pressione di Ikea. Si spande tutto dappertutto, e il tavolo va in surround :-/

Un abbinamento cibario strano che mi piace e che probabilmente non piace a nessun altro.
Panettone con le pere. Ma non mi sembra così strano.

Quali sono le tre cose commestibili senza le quali non potresti vivere?
Aiuto, come faccio a rispondere? Proviamo, dai: insalatina fresca, yogurt magro naturale, vino bianco freddissimo con le bollicine, tutti i formaggi di capra, il sushi. Ok, non sono tre.
Il Negroni va bene? 😉

Il tuo gelato preferito?
Non amo i gelati, ma quelli del Siculo di Via San Quintino mi fanno stranamente impazzire.
In particolare: mousse di fragola, kappadue, ricotta, marron glacé.

Non mangeresti mai?
La cacca. E la carne umana (ma solo se mi dicessero che cos’é).
Ah, e le ostriche. Ma solo perché una volta sono stata malissimo. E mi dispiace.

Il tuo piatto firma:

non ce l’ho. Posso dire i miei tops of the pops: lasagne (di carne o di zucchine), bollito con le tre salse, bagnacauda, pasta con le melanzane, tarte tatin caramellata, taboulé, zucchine in carpione, baccalà alla vicentina, parmigiana di melanzane, gazpacho. Mi piace cambiare 🙂

La cosa piu’ assurda che hai mai mangiato?
Gli occhi del pesce (vabbé, era estate, ero alle Eolie ed ero un po’ brilla). Erano buoni, però.

L’ultima cosa che hai fatto e che è avanzata:
Eh?

La cosa che mangeresti in questo momento:
Caponata fredda. Col pane caldo.
In alternativa, torta fritta bollente col culatello.

Grazie, Trudi. Mi sono proprio divertita.
Passo a Estrellita (perché ne vale veramente la pena), Cilvia (che se non ha voglia può passare a sua volta al Brambi), Cronache, Tippe, Jane (che ci farà conoscere qualcosa di brit) e alla non-blogger Gazzella Somala, che è una gran cuoca.
Esonero Pigiamino: l’ultima volta che ci siamo sentiti stava facendo un corpoacorpo con un pesce spada 😉

soundtrack: Tafel Musik, Johann Sebastian Bach

non ci resta che piangere

Cosa non si fa per accontentare i figli.

A me il carnevale dà la depressiòn, ma loro ci tenevano e così domenica scorsa mi sono fatta coraggio: alle tre del pomeriggio ci siamo lanciati nel turbine dei festeggiamenti organizzati dal nostro piccolo paese di cowboys.

Appena fuori di casa, è cominciato un viaggio allucinante a metà strada tra i film più stralunati di Fellini e la parata dei personaggi più scassati in Broadway Danny Rose.

In rapida successione:

una bambina travestita da uovo sbattuto (definizione della Cami)
– la madre di una compagna di scuola di Pietro vestita da zingara, ma con un’acconciatura da Pippicalzelunghe
vari neonati in passeggino, per la maggior parte addormentati o comunque in stato semicomatoso, abbigliati da nani da giardino
il carro organizzato dalla parrocchia del paese vicino, sormontato da un giamaicano di cartapesta con relativo cannone (O_o, ma non erano contro?)
la banda dei vecchietti di Torre Pellice (età media ottantanni, scocciatissimi), che suonavano (?) esclusivamente kazoo a forma di fiore
il gruppone intitolato "la Vienna di Strauss", con matrone in crinolina dalle facce da bulldog
la scuola di salsa al gran completo, ballerine in fintobikini con fintepance di neoprene color carne e maestro lungochiomato munito di microfono che aizzava la folla circostante
un signore conciato tipo mummia a forza di carta igienica
madre e padre con figlio in costume da dalmata per mano (giuro che scodinzolava).

E tutti, dico tutti, con una faccia scazzata da non credere. Compresi i bambini.
Coriandoli a profusione, lanciati quasi con rabbia.
Freddo ai piedi.

Decisamente inquietante.
Una specie di Eraserhead di David Lynch.
Che era un film dell’orrore, non so se ve lo ricordate.

soundtrack: After the goldrush, Neil Young