Mancano otto giorni al grande salto.
E, come prevedibile, sono sull’orlo di una crisi di nervi.
Perché della crew (quasi tutta formata da maschi davvero carini e simpatici, e lo dico io che, da anni, ormai li guardo solo come bei fiori o strani animali) sono rimasti solo gli antipatici (gli elettricisti): quelli che sono scazzati (hanno paura che non li pagherò), che attaccano le appliques rasoparete (e lo spazio per il paralume?), che danno le brutte notizie (il voltaggio è insufficiente per accendere tutti e quattro i fuochi a induzione: non me lo potevi dire prima?), che mi lasciano da fare i puntiluce sui tavolini (non son capace!).
Perché, come al solito, si sfora di budget.
Perché manca sempre qualcosa.
Perché il vicino del piano di sopra chiude sempre il cancello oltre il quale ci sono tutti i contatori. Compreso il mio.
Perché, comunque, i figli aiutano pocooniente e la casa, da quando ho dichiarato lo sciopero, si è trasformata in una topaia maleodorante.
Perché Il Posto sta venendo così carino che ho paura di non essere all’altezza.
Perché sono stanca.
Perché ogni tanto vorrei qualcuno che mi facesse patpat e mi dicesse andrà tutto bene.
Perché mi terrorizza il dover imparare ad usare il registratore di cassa.
Perché vorrei essere tra sei mesi.
Però oggi son capitate tre cose belle: una mia amica mi ha telefonato e sabato sarà qui a darmi una mano, mi sono fatta spruzzare un po’ di Fracas di Piguet (esiste ancora! tuberosa e gardenia, mmmmhh) in una bottega di profumi superfica anche se ero vestita da muratore e tutta puntinata di bianco e, soprattutto, ho finito di pittare la sala da pranzo (ascoltando Bruce Hornsby). A mezzanotte. Ma è lilla. E molto jazzy 🙂
Insomma, sono a cavallo della tigre. E non posso (e non voglio) scendere.
soundtrack: